Bum bum bum by Luisella Mazza

Bum bum bum by Luisella Mazza

autore:Luisella Mazza [Mazza, Luisella]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2023-06-20T17:50:08+00:00


5

Mi sono messo anche i pantaloni stirati

per l’occasione

Il giorno dopo sono al laboratorio sociale, in anticipo alle nove meno dieci, mi sono messo anche i pantaloni stirati per l’occasione, penso: Le cose fatte bene, e mi viene un po’ da piangere. Alla fine non ho preparato quasi niente, ho deciso che stasera qualcosa mi inventerò, vediamo cosa viene fuori. Piano piano arrivano tutti, Carlos è l’ultimo, suona il campanello, dice dentro il citofono: Ripetizioni! e mi guarda. Entriamo, il laboratorio è un corridoio azzurro e bianco e quattro stanze, un movimento veloce di ragazze che entrano ed escono veloci con dei tappetini sotto il braccio, di voci che ridono forte dietro le porte blu socchiuse. Ci viene incontro questo ragazzo con la barba, Carlos dice: Ernesto! e lui allarga le braccia, dice: Vi aspettavo. Ci fa entrare in questo stanzone, ci sono gli appendiabiti lungo il muro, e poi due tavoli grandi, bianchi, una lavagna appesa con i pennarelli rossi e blu, il neon basso. Resto lì in piedi un minuto, poi Carlos mi prende lo zaino, dice: Dammi, dammi. Ernesto ci fa segno con il dito davanti alla bocca, dice: Piano eh, che di là stan facendo l’ikebana! e si chiude la porta dietro le spalle. Mi guardo intorno, stringo le mani nelle tasche, in un attimo sono tutti già seduti al tavolo. Penso a mio nonno, a Sanremo, alle scarpe da ballo lasciate lì vicino al mu­ro. Guardo la porta chiusa, poi guardo Salim. È lì che giocherella con il tappo della Bic, uno di quelli di plastica blu. Lo piega un po’ più forte, l’asticella del tappo si spezza in due. Inspiro, espiro, mi metto seduto vicino a Carlos, dico: Vabbè, proviamo.

Due ore dopo siamo al tavolo della cucina con Luis, due dita di birra gelata in fondo ai bicchieri. È andata bene, dice Carlos, sei contento? e mi guarda da sotto in su, si vede che non si azzarda. Non so cosa dire, penso: Non lo so, se sono contento. So solo che ho le dita blu, che si vede che mi perdeva la penna. So solo che siamo stati bene, un’oretta, a leggere pianissimo con il di­to sotto le parole, a ripetere a voce alta, però piano che di là facevano ikebana. So che quando gli ho detto a Mohammed: Dai, dai che lo sai, pensaci un attimo, lo abbiamo appena detto come si fa, lui si è messo a mordere il tappo della penna, a rileggere le cose sulla lavagna. Poi quando l’ha scritto giusto il plurale di camicia, di ciliegia e di pancia era contentissimo. Però lo guardo da dietro il bicchiere e non so cosa dirgli, a Carlos. Finisco l’ultimo sorso, dico: Dai che è tardi, Carlos, andiamo a dormire. Si vede che ci rimane un po’ male, dice: Vabbè, secondo me è andata benissimo. Sorride. Pure Salim l’ha detto, quando uscivamo mi ha preso da parte, mi ha detto che avevo ragione, che eri bravo. Sento le guance rosse, metto giù il bicchiere.



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